CASAPESENNA – La condanna di Francesco Zagaria, noto come Ciccio ‘e Brezza, è ora
definitiva. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal 58enne, confermando
la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Napoli. Di conseguenza, rimane
invariato il verdetto che lo riconosce colpevole di concorso nell’omicidio di Sebastiano
Caterino e Umberto De Falco, oltre che di associazione mafiosa, essendo stato parte
integrante della cosca diretta da Michele Zagaria, alias Capastorta.
Il pronunciamento della Suprema Corte, risalente al 27 novembre scorso (con le motivazioni
pubblicate solo di recente), chiude definitivamente il processo a carico di Zagaria. Figura di
rilievo del clan dei Casalesi, ha scelto di collaborare con la giustizia a partire dal 2019. Nel
suo ricorso, aveva contestato la sentenza d’appello sostenendo che non fossero state
riconosciute le attenuanti generiche e che la pena fosse eccessiva.
Tuttavia, la Cassazione ha rigettato tutte le sue argomentazioni difensive, ritenendole
infondate, e ha ribadito la piena validità delle motivazioni espresse in secondo grado.
Inizialmente, Zagaria era stato accusato anche di violenza privata nei confronti di un
imprenditore di Capua, ma in appello è stato prosciolto per mancanza di procedibilità.
Rimane invece confermata la sua responsabilità negli omicidi di Caterino e De Falco,
avvenuti nell’ambito di una feroce faida camorristica che ha insanguinato il territorio
casertano.
Secondo le ricostruzioni investigative, Ciccio ‘e Brezza prese parte all’agguato che portò alla
morte delle due vittime svolgendo il ruolo di “specchiettista”: appostato a Santa Maria Capua
Vetere, attese il passaggio dell’auto in cui viaggiavano Caterino e De Falco e, una volta
individuata, avvisò i vertici del clan affinché entrassero in azione.
Con questa decisione della Cassazione, Zagaria, che da Casapesenna aveva spostato i
suoi interessi criminali verso Capua e dintorni, dovrà ora scontare definitivamente la
condanna a 16 anni di reclusione. Oltre alla pena detentiva, dovrà anche farsi carico del
pagamento delle spese processuali e di una multa di tremila euro, da versare alla Cassa
delle ammende.
di Mariano SCUOTRI