“Sono Ilaria e ho venti anni, sono Ernesto e ho diciannove anni” così inizia l’intervista ai due fidanzati reduci da una esperienza di “ordinaria follia” che, sempre più di frequente, infesta le strade della nostra città.
La sera del 30 novembre scorso, mentre passeggiavano nel vicoletto che collega la via del Seggio alle centralissime “Villa Comunale” e “Piazza Municipio”, venivano sorpresi da un’ondata di violenza che procurava ad Ernesto contusioni e ferite al volto, poi refertate all’ospedale “Moscati” e prontamente denunciate alla caserma dei Carabinieri di Aversa.
I giovani fidanzati quella notte erano in compagnia di altri ragazzi, anch’essi picchiati selvaggiamente così come, poco dopo e sempre negli stessi luoghi, un altro gruppo di giovani che Ernesto racconta di avere incontrato al pronto soccorso.
Ragazzi tristemente accomunati dall’amaro destino di avere incontrato quella stessa sera dei balordi, probabilmente gli stessi, anche se saranno le indagini, si spera, ad identificare e perseguire i responsabili.
“Grazie per averci dato questa opportunità”, esordisce subito Ilaria, miracolosamente sfuggita alla furia del branco perché, al momento dell’assalto, si trovava un po’ più indietro rispetto al gruppo in compagnia di un’altra amica, fidanzata di uno dei ragazzi che, assieme ad Ernesto e ad altri amici, subivano le percosse riportando lesioni.
Comprensibilmente, sia lei, che la sua amica, sebbene miracolosamente sfuggite alla violenza, sono rimaste profondamente segnate dall’accaduto. Ilaria, cosa hai provato nell’immediatezza dei fatti e, soprattutto, cosa senti adesso ad un mese dal fatto? “All’inizio ho provato un enorme senso di rabbia: non potevo credere a quanto stesse succedendo proprio davanti ai miei occhi, così all’improvviso e senza motivo.
Adesso sono passata ad un senso di accettazione, sto cercando di tornare lentamente alla normalità: ieri è stato il primo giorno in cui io ed Ernesto abbiamo fatto una ‘vera uscita’ insieme come facevamo prima, però non riusciamo ancora a percorrere il vicoletto dove è successo il fatto e da allora giro con uno spray al peperoncino in borsa”.
Ernesto, cosa è successo esattamente? “Mentre stavamo a metà del vicoletto, dei ragazzi alti almeno un metro e novanta dai tratti somatici tipici dell’est europeo, che non avevamo mai visto prima, hanno utilizzato l’espediente della rapina per approcciarci e colpirci”.
Aggiungendo, subito dopo, “per fortuna lo posso raccontare…”. Assurda e amara considerazione di un ragazzo consapevole del fatto che se quei soggetti avessero avuto un’arma oggi racconteremmo un altro epilogo, ben più tragico.
Nonostante il trauma, avete avuto la forza e il coraggio di raccontare la vostra esperienza. Cosa vi ha spinto? “Crediamo sia importante che le persone conoscano la situazione in cui versa la nostra città attraverso le parole dirette di chi ha subito violenza e speriamo possa servire a sollecitare chi di dovere ad intervenire soprattutto nelle zone notoriamente più pericolose”.
Cosa chiedereste “a chi di dovere” perché non accadano più fatti del genere?
“Sicuramente che devono smettere di trascurare questi fatti perché, ormai, succedono sempre più di frequente e non è possibile che le persone debbano avere l’ansia di camminare per strada. Inoltre, la presenza di più pattuglie perché quando succede un fatto come il nostro il primo pensiero è chiamare l’autoambulanza che ti deve prestare soccorso. Magari se ci fosse stata qualche pattuglia quei soggetti sarebbero stati fermati invece di scappare”.
di Irene MOTTI