Anche se con un ritardo mostruoso la Giustizia arriva anche per don Peppe Diana: condannata la casa editrice dei quotidiani che pubblicarono articoli diffamatori
A distanza di oltre vent’anni, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso una sentenza storica, condannando la Libra Editrice, responsabile delle pubblicazioni dei quotidiani Cronache di Caserta e Cronache di Napoli, per diffamazione nei confronti di don Peppe Diana, il sacerdote ucciso il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia di Casal di Principe. La famiglia del prete anticamorra riceverà un risarcimento di 100 mila euro per un articolo diffamatorio pubblicato il 28 marzo 2003 dall’allora Corriere di Caserta. Nel testo, don Diana era stato accusato di essere “vicino alla camorra” e addirittura custode delle armi del clan dei Casalesi, accuse smentite dagli inquirenti.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, i familiari del sacerdote, in particolare i genitori Iolanda Di Tella e Gennaro Diana (entrambi oggi deceduti) e i fratelli Emilio e Marisa, ne avevano immediatamente denunciato il contenuto. Tuttavia, il verdetto è arrivato solo ventuno anni dopo, mettendo in evidenza quanto la giustizia sia stata lenta nel riconoscere e condannare l’infamante tentativo di calunniare la memoria del sacerdote assassinato.
Secondo i giudici, chi firmò l’articolo cercò di giustificare il contenuto utilizzando le dichiarazioni degli avvocati degli imputati nel processo per l’omicidio di don Diana. Tuttavia, questa strategia è stata giudicata un goffo tentativo di mascherare l’intento calunnioso. Anche l’autore è stata
Non si trattò di un caso isolato. Già in passato, il Corriere di Caserta aveva pubblicato articoli dal contenuto altrettanto lesivo. Tra questi, un articolo del 23 giugno 1999 intitolato “Don Diana a letto con due donne” aveva cercato di screditare l’immagine del sacerdote con insinuazioni infondate e clamorosamente smentite dalle indagini giudiziarie. Gli inquirenti hanno infatti escluso categoricamente ogni movente passionale nell’omicidio, confermando invece il coinvolgimento diretto della criminalità organizzata.
Lo scrittore Roberto Saviano ha commentato la sentenza, sottolineando come questa rappresenti un ulteriore passo verso la riabilitazione della memoria di don Diana. In un recente articolo, Saviano ha ricordato la missione del sacerdote: educare i giovani attraverso l’esempio e la parola per combattere il dominio dei clan. Secondo Saviano, il risarcimento e la condanna rappresentano un piccolo ma significativo contributo al lungo percorso di giustizia, anche se il ritardo con cui è arrivata la sentenza ne diminuisce l’impatto.
Don Peppe Diana è stato, e rimane, un simbolo della resistenza alla criminalità organizzata. Con la sua ferma convinzione che l’educazione potesse contrastare lo strapotere dei clan, si era guadagnato l’ammirazione e il rispetto della comunità, ma anche l’odio dei poteri criminali. Il suo sacrificio non è stato vano: oggi il suo esempio continua a ispirare chiunque lotti per un futuro libero dalla violenza e dall’oppressione mafiosa.
Questa sentenza non può restituire il tempo perduto o il dolore patito dalla famiglia Diana, ma rappresenta un passo importante verso la tutela della memoria di un uomo che ha dedicato la sua vita a combattere il male con la forza delle idee e della giustizia.
di Ugo Persice Pisanti